TEATRO STABILE D’ABRUZZO & ISTITUTO ABRUZZESE DI STORIA MUSICALE
presentano
«Ore plangamo de lu Siniore»
Una Passione giullaresca aquilana del XIII secolo
dal codice di Celestino V
Lucilla Galeazzi e i Solisti del Micrologus
INTERPRETI: Lucilla Galeazzi (Maria)
Nora Tigges, Marta Ricci (le Pie Donne)
Luca Della casa ed Enea Sorini (narratori)
Goffredo Degli Esposti e Gabriele Russo (giullari)
RICOSTRUZIONE MUSICALE, DRAMMATURGIA E DIREZIONE: Francesco Zimei
SCULTURA SCENICA: Paolo Iacomino
COSTUMI: Giovanna Di Matteo
MISE EN ÉSPACE: Lorenzo d’Amico De Carvalho
La recente decifrazione della melodia apposta sul brano di planctus volgare che chiude la Passione latina di Montecassino (metà del XII secolo) ha consentito al musicologo Francesco Zimei di recuperare nella sua pienezza espressiva la sacra rappresentazione da esso cui deriva, pervenuta integralmente con il titolo di «Lamentatio beate Marie de filio» in un codice dell’ultimo quarto del Duecento appartenuto a Pietro del Morrone – poi papa Celestino V – e attualmente conservato nell’Archivio Capitolare dell’Aquila.
Ne è sortita l’idea di allestire, in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti dell’Aquila e con il patrocinio della locale Curia Metropolitana, Ore plangamo de lu Siniore, una attendibile ricostruizione scenica e sonora del più antico documento di musica e teatro in lingua italiana di cui si abbia conoscenza.
Il testo, un componimento strofico di carattere giullaresco, narra gli episodi che vanno dall’arresto di Cristo alla sua sepoltura ed è ripartito fra il Narratore e la Vergine.
L’esiguo ruolo assegnato al Protagonista (un solo verso dalla cattura alla morte, oltre al racconto in prima persona della sua discesa agli inferi) suggerisce che all’epoca – considerando anche il fatto che l’esecuzione era affidata a dei giullari – non si facesse ricorso a un attore in carne e ossa ma a un crocifisso con le braccia snodabili da adattare alle posture richieste dai vari momenti della Settimana Santa, come testimoniato da alcune statue superstiti prodotte in Italia Centrale fra XII e XIV secolo.
Per l’occasione si è utilizzata una scultura scenica con tali caratteristiche,
appositamente modellata dal noto scultore Paolo Iacomino su un originale aquilano del periodo. Ore plangamo de lu Siniore è, dunque, anche il primo spettacolo in tempi moderni a recuperare l’uso filologico di un crocifisso con braccia snodabili nella sua connessa valenza scenografica.
Analoga coerenza storica è stata applicata ai costumi, tratti dal ciclo di affreschi dell’Abbazia di Bominaco (vicino all’Aquila), commissionati nel 1262 dall’abate Teodino, uno tra i primi ad aver avuto rapporti con Pietro del Morrone e con la sua congregazione – detta poi dei Celestini –, riconosciuta da papa Urbano IV con il nome di Fratelli dello Spirito Santo e aggregata nel giugno 1264 all’ordine benedettino.
L’iconografia ha suggerito inoltre posture e gestualità da far assumere ai
personaggi in scena nonché l’uso di alcuni strumenti musicali (tuba, ciaramella, flauto e tamburo) del tutto estranei ai Vangeli ma suggestivamente documentati nelle scene della Via Crucis dipinta nella chiesa di Santo Stefano a Castelnuovo, grangia di Bominaco, per la quale l’anonimo artista locale dovette evidentemente ispirarsi a una sacra rappresentazione cui aveva personalmente assistito.
Lo spettacolo, della durata di circa un’ora, ha una geometria di tipo cruciforme: aperto e concluso da una processione – recante, nella scena finale, il feretro del Cristo morto, con la partecipazione del pubblico –, sfruttando dunque la navata centrale in senso longitudinale, sarà ambientato, secondo il tipico anacronismo medievale, davanti all’altare centrale, avendo come fulcro il Crocifisso e gli altri personaggi disposti ai suoi lati, sempre secondo l’iconografia del periodo.
L’esecuzione è affidata a eccellenti musicisti-attori, esponenti di due precise e complementari esperienze: quella medievistica e quella popolare. La fusione dei due generi, rappresentati rispettivamente dall’Ensemble Micrologus e da Lucilla Galeazzi – entrambi nomi di consolidata notorietà internazionale –, ha portato al concreto recupero di sonorità a gesti di un medioevo molto differente da quello oggi eseguito nelle sale da concerto.
Lucilla Galeazzi è nata a Terni, Umbria, e si è avvicinata alla musica popolare dopo l’incontro con l’antropologo umbro Valentino Paparelli e con Sandro Portelli, entrambi già da tempo impegnati nella ricerca etnomusicologica sul campo in Umbria e centro Italia. Accompagnandosi con la chitarra, studia ed esegue il repertorio popolare della sua regione fin quando, nel 1977, Giovanna Marini la invita a far parte del nascente Quartetto Vocale. Dopo il grandissimo successo con il Quartetto e tournée in ogni continente, incontra Roberto de Simone e nell’86 prende parte alla sua grandiosa opera Stabat Mater eseguita al Teatro dell’Opera di Napoli e in tournée a New York. Nel 1987, con Ambrogio Sparagna agli organetti e Carlo Rizzo ai tamburelli, forma Il Trillo, trio che rappresenta la volontà musicale di andare oltre la mera riproposta della tradizione. La sua carriera come solista o inserita in progetti di altri celebri artisti non conosce flessioni e la porta a tenere tournée in ogni continente, senza però mai abbandonare lo studio e la proposta del repertorio della sua terra umbra. Dal 2002 entra a far parte della formazione barocca L’Arpeggiata di Christina Pluhar, con cui incide album premiati e tiene tournée in tutto il mondo, e successivamente forma il Trio Rouge con Michel Godard e Vincent Courtois. E’ del 2006 il suo album Amore e acciaio, che vince anche il Premio Tenco come migliore album folk. Le incisioni e le tournée si susseguono, così come i riconoscimenti, gli award internazionali e persino le partecipazioni a colonne sonore di film importanti.
Parallelamente alle performance dal vivo, Lucilla Galeazzi ha tenuto e continua a tenere in tutta Europa stage di canto e uso della voce, con particolare attenzione alla promozione del repertorio vocale popolare della sua terra. I suoi corsi sono inseriti nei piani formativi delle più prestigiose università d’Italia, Francia, Germania e Svizzera.
I musicisti umbri, Patrizia Bovi, Goffredo Degli Esposti e Gabriele Russo, insieme con Adolfo Broegg (1961-2006), hanno fondato l’Ensemble Micrologus nel 1984, con lo scopo di contribuire alla riscoperta e all’interpretazione della Musica Medievale, basandosi sulla ricerca delle fonti, sulle indagini storiche, paleografiche, organologiche ed iconografiche. Per questo utilizzano strumenti musicali che sono fedeli ricostruzioni di
quelli dell’epoca, realizzati, con i loro suggerimenti, da costruttori specializzati, con cui hanno preparato oltre 30 diversi spettacoli, alcuni in forma teatrale con scene e costumi, portandoli in concerto in Europa, Americhe e Giappone. Hanno registrato 25 CD, di cui due premiati con il “Diapason d’Or de l’Année” (nel 1996 “Landini e la musica fiorentina”
e, nel 1999, “Alla napolitana”), mentre il “Cantico della terra” ha ottenuto il “The Best of 2000 Award” dalla rivista Goldberg. Nel 2009, con il Libro-CD “Aragòn en Nàpoles” ricevono il premio “Biggest Surprise” dal Boston Globe, nella lista Top Classical Albums dell’anno. Il Micrologus collabora con il teatro e il cinema; registra, tra l’altro, la colonna sonora del film “Mediterraneo” di Gabriele Salvatores; nel 2007-2009 ha effettuato un tour
internazionale (Europa e Nord-America) con “Myth”, spettacolo di teatro-danza del coreografo Sidi Larbi Cherkaoui, insieme alla compagnia belga di Toneelhuis. Da dicembre 2009 sono attivi con Seminari e Corsi presso il Centro Studi Europeo di Musica Medievale “Adolfo Broegg”, a Spello (Pg) (www.centrostudiadolfobroegg.it).
Numerose sono le registrazioni per RAI 1, RAI 2, Radio 3, Radio France Culture, Radio France-Musique, ORF Vienna, WDR Colonia, Radio Clara Belgio, Televisione Slovena, Radio Suisse, Asahi Television di Osaka.